VERONA – «Ci sentiamo soli, il nostro governo non sta facendo niente», afferma un uomo disperato, padre di una delle ragazze rapite un paio di settimane fa a Chibok, Nigeria. La notizia ha fatto il giro del mondo in questi giorni, pur non essendo una cosa insolita, purtroppo, nel nord di questo Paese.
La notte di lunedì 14 aprile, verso le 22, membri dei Boko Haram sono piombati a Chibok con sette pick-up. Mentre una loro parte appiccava il fuoco ad alcuni edifici governativi, gli altri penetravano nella scuola secondaria per rapire almeno 230 ragazze fra i sedici e i venti anni, caricandole sui loro mezzi per portarle all’interno della vicina foresta Sambisa.
Una parte delle ragazze è riuscita a scappare o è stata liberata nella confusione, ma rimangono disperse 187 ragazze: un dramma per il paese.
Chibok è un’enclave cristiana nello stato a predominanza islamica di Orno (nord-est della Nigeria) e molte delle famiglie colpite sono parte della Chiesa dei Fratelli locale, quindi in molti interpretano questo rapimento come l’ennesimo attacco contro i cristiani.
Uno dei più estesi network di chiese della Nigeria, la Christian Association of Nigeria (CAN), ha invitato tutti i cristiani raggiunti dalla notizia a pregare per il rilascio delle ragazze rapite. «Preghiamo per la difficile situazione del paese: il recente attentato a Nyanya, Abuja, e poi il rapimento delle studentesse della scuola di Maiduguri, e tutte le sfide alla sicurezza che si stanno verificando», ha chiesto il pastore Musa Asake, segretario generale della CAN. Continua a leggere