SERIE: Uomini cristiani e le loro madri devote
La vita è troppo difficile per noi per farcela da soli. Siamo troppo deboli, troppo poco saggi e troppo pieni di peccato. Grazie a Dio, lui non intende che dobbiamo portare a termine la vita cristiana in maniera indipendente. Ci dà invece la forza, la saggezza e la devozione di altri credenti in modo che possiamo portare i nostri pesi, affrontare la nostra follia e esemplificare ciò che vuol dire essere santi. Alcuni di noi si appoggiano ad amici, pastori o coniugi per essere i nostri più cari insegnanti spirituali, per aiutarci, guidarci e istruirci. Alcuno sono benedetti con una madre devota che può avere quel ruolo per tutta la vita.
Oggi nella nostra serie Uomini cristiani e le loro madri devote, ci rivolgiamo a una madre che ha giocato un ruolo cruciale nelle vite dei suoi figli famosi. Anche se il suo posto nei libri di storia è sempre associato ai suoi figli, rappresenta di per se stessa un esempio entusiasmante di maturità cristiana. Era teologicamente avveduta, audace per insegnare ciò che sapeva e desiderosa di essere una benedizione per gli altri. I suoi figli cambiarono il mondo soltanto perché lei cambiò prima loro.
In Susanna Wesley vediamo la benedizione di una madre in grado di portare stabilità e forza nei sui figli anche quando furono cresciuti.
Vera figlia dell’afflizione
Susanna nacque a Londra il 20 gennaio 1669, la più giovane dei 25 figli di Samuel e Mary Annesley. Samuel era un pastore puritano dissidente che insegnava fedelmente la Bibbia e esemplificava la pietà cristiana. Valorizzava l’istruzione e si assicurò che tutti i suoi figli ne avessero una abbastanza buona. Sotto la sua cura, Susanna ripose la sua fede in Dio in tenera età.
Da bambina coraggiosa, decise che avrebbe speso più tempo nelle meditazioni personali che nei piaceri mondani. Questo impegno favorì la sua crescita spirituale e presto sviluppò delle forti convinzioni teologiche. Pur amando e onorando i suoi genitori, credeva che avessero sbagliato a lasciare la chiesa ufficiale e all’età di 13 anni abbandonò la congregazione di suo padre a favore della Chiesa d’Inghilterra.
Presto incontrò Samuel Wesley, un giovane pastore che aveva sperimentato un percorso simile sviluppando delle simili convinzioni. Si sposarono nel 1688 quando lei aveva 19 anni e lui 26. Insieme avrebbero avuto 19 figli.
Il marito di Susanna non era un uomo con cui era semplice vivere. Era rigido e a volte moralista. Era aggressivo e malvisto tra i suoi parrocchiani. Si trovava continuamente in mezzo a delle dispute ed era poco attento con il denaro. Due volte accumulò un debito significativo e fu messo in carcere perché non era in grado di ripagare i creditori. La sua famiglia fu costretta all’austerità e spesso mancava dei mezzi per vivere ben oltre il livello di sussistenza.
Una volta Samuel scatenò un futile litigio con Susanna e, per ripicca, abbandonò lei e i bambini per cinque mesi. Lei ricordò: “Samuel immediatamente si inginocchiò e prego e invocando la vendetta divina su se stesso e i suoi posteri se mi avesse toccato ancora una volta o fosse stato a letto con me prima che io avessi implorato il perdono di Dio e il suo”.
Oltre alle difficoltà nel matrimonio, ci fu il lutto per aver perso nove bambini ancora in fasce e il dispiacere di perdere due volte la casa per un incendio. A causa della peccaminosità di suo marito e di queste tragiche circostanze, la vita di Susanna fu un’intensa e costante sofferenza.
Un biografo lo esprime chiaramente: “La sua vita dal matrimonio fino alla morte è stata una lotta costante contro la debolezza e la povertà. Un disastro seguiva l’altro in modo così deprimente che una donna molto meno preparata si sarebbe subito disperata”. Ma lei era bene equipaggiata di devozione e non importava quali fossero le circostanze, rimaneva fiduciosa nella bontà e nel carattere di Dio. Non esitò mai.
Tra le responsabilità di Susanna c’era quella di istruire e allevare i suoi figli. Si approcciò alla loro formazione intellettuale e spirituale con determinazione e secondo regole rigide: “Ai bambini verrà insegnato a pregare non appena saranno in grado di parlare; non riceveranno tutto ciò per cui piangeranno, ma solo ciò che chiederanno educatamente; per evitare le bugie, non saranno puniti per ciò che confessano e per cui si pentono; non saranno puniti due volte per una sola infrazione; un buon comportamento sarà lodato e premiato; ogni tentativo di far piacere, non importa quanto riesca male, sarà lodato; i diritti di proprietà saranno conservati, anche nei piccoli problemi; verrà loro insegnato a temere il Signore”. Nonostante a volte disciplinò i figli in modo severo, essi reagivano verso la madre con amore e rispetto.
A volte i suoi insegnamenti andavano al di là della sua famiglia. Quando il marito viaggiava, lasciava il parroco ad ammaestrare la chiesa. Susanna trovava i suoi insegnamenti inadeguati, così la domenica sera riuniva i bambini in cucina per leggere ad alta voce dei sermoni che trovava stampati. Presto se ne radunarono altri, prima 50, poi 100 e poi così tanti che dovettero spostarsi in un fienile lì vicino. Temendo per la sua reputazione, Samuel le chiese di smetterla. Ella replicò che con senso di responsabilità avrebbe smesso se lui glielo avesse chiesto in quanto suo pastore. Ma disse anche: “Dov’è il danno in questo? Se io e i miei figli andiamo a fare una visita la domenica sera o se riceviamo delle visite insolenti così come molti che pensano di essere dei buoni cristiani fanno, forse non si penserebbe a nulla di scandaloso anche se in verità sarebbe così. Quindi, il motivo per cui qualcuno dovrebbe riflettere su di te e lasciare che il tuo ruolo sia quello che è, perché tua moglie tenta di trascinare la gente in chiesa e trattenerli dalla profanazione del giorno santo di Dio attraverso la lettura e altre persuasioni, io non lo concepisco. Ma se qualcuno fosse così pazzo da farlo, mi auguro che tu non ne tenga conto”.
La madre del Metodismo
John e Charles nacquero a quattro anni e mezzo di distanza, nel 1703 e nel 1707. John era il quindicesimo figlio, Charles il diciottesimo. Da piccoli entrambi erano molto vicini alla madre, sebbene il loro fratello maggiore Samuel fosse sempre il suo preferito. Entrambi crescevano sani sotto gli insegnamenti della madre, soprattutto nei momenti uno a uno che lei volutamente ritagliava per ognuno dei suoi figli. Anche se impartiva delle lezioni a tutta la famiglia insieme e manteneva la più severa disciplina, bilanciava quella formalità con queste conversazioni informali. Era in questo contesto che lei e i suoi figli sviluppavano delle relazioni che sbocciavano in amicizie.
Dopo aver frequentato il collegio, John e Charles entrarono alla Christ Church a Oxford dove si prepararono per il ministero. Susanna scriveva loro regolarmente dando consigli spirituali e notizie di casa.
Una lettera a una delle loro figlie mostra la responsabilità che lei sentiva per ognuno dei suoi figli anche quando erano cresciuti e avevano maggiore indipendenza: “Da quando le nostre sventure ci hanno separato l’una dall’altra e non possiamo più avere le opportunità che avevamo una volta di conversare insieme, non posso altrimenti scaricare il mio dovere di genitore o attenermi alla mia inclinazione a farti tutto il bene possibile se non scrivendo. Sai molto bene quanto ti ami. Amo il tuo corpo e supplico Dio calorosamente di benedirlo con la salute e tutto quanto è necessario per la sua comodità e sostentamento in questo mondo”.
Lei vedeva la maternità come qualcosa di sacro, una chiamata per tutta la vita e si sentiva sempre in grande responsabilità per ognuno dei figli.
Fu durante la loro permanenza a Oxford che John e Charles formarono quello che divenne noto come il loro “Holy Club” per concentrarsi sulla conoscenza della Scrittura e vivere una vita santa. Fu in questo club che iniziarono una lieta amicizia con George Whitefield. Eppure, nonostante i loro sforzi e i loro desideri, nessuno dei due aveva sperimentato una vera conversione.
Dopo la loro laurea, Susanna diede loro la sua benedizione mentre si preparavano a partire per l’America e li accolse a casa dopo che fuggirono davanti al fallimento.
Fu solo nel 1738 che entrambi fecero l’esperienza di andare a Cristo con pentimento e fede. Immediatamente iniziarono a predicare a chiunque volesse ascoltare e i loro sforzi genuini suscitarono un movimento che divenne noto come Metodismo. Viaggiarono e predicarono costantemente e videro migliaia di persone giungere alla fede.
Charles scoprì la sua abilità come autore di canzoni e divenne uno dei più prolifici compositori di inni che la chiesa abbia mai conosciuto. Il suo inno che è diventato il più conosciuto, fu composto appena pochi giorni dopo la sua conversione:
“Possibile che io possa acquisire
un interesse nel sangue del Salvatore?
È morto per me? Chi causò questo dolore!
Per me – colui che lo portò alla morte?
Stupendo amore! Com’è possibile
che tu, mio Dio, debba morire per me?”
Insieme, John e Charles Wesley divennero due dei più famosi uomini del mondo.
Ma anche all’apice del loro successo non dimenticarono né rinnegarono la loro madre. Al contrario, continuarono a ricercare il suo consiglio e a dipendere dalle sue preghiere. Quando le persone schernivano il loro fervore e la loro devozione, lei provvedeva un incoraggiamento: “Mi unisco con grande entusiasmo alla vostra piccola società in tutte le sue azioni pie e caritatevoli intese per la gloria di Dio. Possiate ancora proseguire e prosperare in queste buone opere! Anche se sono assente nel corpo, sono presente con voi nello spirito e vi raccomando e vi rimetto tutti quotidianamente alla Divina Provvidenza”.
Quando erano alle prese con la teologia, ella provvedeva saggezza: “Qualunque cosa indebolisca la vostra mente, deteriori la tenerezza della vostra coscienza, oscuri il vostro senso di Dio, o tolga la vostra soddisfazione delle cose spirituali… quella cosa è peccato per voi, per quanto innicente possa sembrare in se stessa”.
Quando la predicazione di John diventava troppo erudita o tecnica, lei gli ricordava: “Per quanto tu possa essere curioso di ricercare nella natura o di distinguere le proprietà delle passioni e delle virtù del genere umano per la tua personale soddisfazione, sii molto cauto nell’esporre queste particolarità nelle pubbliche assemblee perché ciò non risponde al fine ultimo della predicazione, cioè di medicare le vite degli uomini e non riempire le loro teste di inutili speculazioni”.
Fino alla sua morte, rimase la loro principale insegnante spirituale guidandoli in questioni sia pratiche che teologiche. La sua fede forte e la sua divina saggezza li istruì e li aiutò. È a buona ragione che lei è diventata nota come “la madre del Metodismo”.
Nonostante tutte le sue forze, lottò per un’intera vita per la certezza della sua salvezza. Fu solo quasi alla fine che la trovò. Raccontò a John la sua esperienza trasferendola in una lettera. “Due o tre settimane fa, mentre mio figlio Hall pronunciava queste parole porgendomi il calice, ‘Il sangue del nostro Signore Gesù Cristo che è stato versato per te’, le parole colpirono il mio cuore e seppi che Dio per amore di Cristo aveva perdonato tutti i miei peccati”. Alla fine, lei seppe che i suoi peccati erano stati perdonati e che avrebbe goduto la presenza del Signore per sempre.
Nel 1742, quando viveva con John, Susanna si ammalò e capì che sarebbe morta di lì a poco. La sua ultima richiesta ai figli fu: “Figlioli, non appena verrò presa, cantate un salmo di lode a Dio!”. Il 23 luglio cantarono quando lei venne accolta in gloria.
La sua vita e l’impatto che ebbe furono perfettamente descritti nell’epitaffio che Charles compose in suo onore:
“Nella sicura e salda speranza di risorgere
e rivendicando la propria residenza nei cieli,
una credente qui ha deposto la sua carne,
scambiando la croce con una corona.
Vera figlia dell’afflizione, lei,
abituata al dolore e alla miseria,
ha fatto cordoglio in una lunga notte di pene e paure,
una notte di settant’anni.
Il Padre rivelò poi il suo Figliuolo;
lo fece conoscere nel pane spezzato;
lei seppe e sentì che i suoi peccati erano stati perdonati
e trovò il suo pegno per il paradiso.
Incontro lassù per la fratellanza,
udì la chiamata ‘Presentati, amore mio!’.
‘Vengo!’, replicò il suo sguardo morente,
e come un agnello come il suo Signore, morì”.
Tim Challies – tratto dal blog Challies
Lettura consigliata:
- John Wesley, di Basil Miller
- John Wesley – l’ottimismo della grazia, di Valdo Benecchi
- John Wesley – Un’eredità da investire, di Valdo Benecchi
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