Quando penso all’essere ricco o al possedere ricchezze, penso a due uomini. Uno di loro faceva parte di un ministero per ventenni che mia moglie era solita guidare alla Willow Creek Community Church. Non è un gruppo che pensa molto alla morte. A quell’età pensi che vivrai per sempre.
Poi Larry Clarke è morto. Quando era nella trentina, lasciò il suo lavoro per servire full-time in chiesa (senza essere pagato). Non si è mai sposato, non ha mai avuto una casa di proprietà, non ha mai fatto una vacanza costosa. Lui diventava semplicemente amico delle persone. Vedeva del potenziale. Invitava le persone coinvolgendole in gruppi, in opportunità di fare amicizia e dare un contributo. Vedeva del potenziale nelle persone scoraggiate. Aveva un radar per le persone sole. Diceva alle persone cosa pensava che potessero diventare.
La sua perdita è stata devastante per quel gruppo di leader, ma nemmeno loro avevano idea del suo impatto. Quella settimana si tenne una veglia per Larry nella cappella della chiesa. Nessuno era sicuro di quante persone sarebbero venute: dopotutto, Larry non si era mai sposato, non aveva figli e nemmeno un lavoro regolare. Le auto arrivarono in massa. La veglia durò tre ore. Così tante persone erano venute per passare accanto alla bara che la fila usciva fuori dalla cappella per interi isolati; ottocento persone rimasero in fila per tre ore per onorarlo.
Il giorno seguente ci fu il funerale. La cappella a Willow Creek può contenere circa cinquecento persone quando è piena zeppa. In quel decennio in cui noi abbiamo servito lì, si sono tenuti molti funerali in quella cappella, diversi anche di persone di una certa levatura e spessore. Solo uno portò così tante persone che la cappella strabordava di gente e bisognò trasferirsi nell’auditorium principale: quello di Larry Clarke.
Al servizio funebre e alla veglia, al ricevimento (negli Stati Uniti, è uso comune tenere un ricevimento con cibo e bevande dopo il servizio funebre, spesso in casa della famiglia del defunto, per ricordarlo in maniera più informale in un ambiente più confortevole, N.d.T.) e nelle sale, una persona dopo l’altra raccontarono di come la propria vita fosse stata toccata da Larry. Nessuna delle storie riguardava ciò che Larry possedeva o i suoi successi. Tutte riguardavano la capacità che Larry aveva di amare. Tutti loro spesso erano soliti domandarsi come potesse Larry permettersi di dar via tutto il suo tempo. Qualcuno al suo funerale fece menzione del fatto che una volta aveva sentito Larry dire che si sarebbe rimasti sorpresi di quanto cibo ancora buono si potesse trovare dietro il supermercato Ralph e che veniva buttato via anche se era ancora fresco e impacchettato.
In quello stesso decennio si tenne un altro funerale per un uomo chiamato Armand Hammer. All’età di novantadue anni, Hammer era il presidente della Occidental Petroleum Company. Un industriale filantropo e miliardario, chiamato da USA Today “gigante del capitalismo e confidente dei leader mondiali”.
È stato con la sua morte che la sua storia è venuta fuori. Il politologo uscito da Harvard Edward Epstein scrisse Dossier: la storia segreta di Armand Hammer, in cui riferiva che Hammer aveva iniziato riciclando denaro per il governo sovietico, poi aveva ingaggiato dei ghostwriters (o scrittori ombra, pagati per scrivere qualcosa attribuita ufficialmente a qualcun altro, N.d.T.) per scrivere delle autobiografie immaginarie della sua vita. Aveva ottenuto ancora più soldi attraverso una serie di matrimoni spezzati. Aveva permesso che suo padre finisse in prigione per un aborto fatto male che Hammer stesso aveva praticato. Trascurò il suo unico figlio e si nascose da una figlia illegittima. Non aveva amici alla Occidental dove “aveva licenziato i suoi migliori dirigenti come se fossero dei fattorini”. Quando suo fratello Victor morì, presentò un reclamo di 667.000 dollari a fronte dei 700,000 dollari di eredità anziché pagarli ai figli di Victor e alla moglie assistita a domicilio.
Quando Hammer morì, suo figlio Julian non partecipò al funerale. Non lo fecero nemmeno i membri delle famiglie dei suoi due fratelli. E quasi nessun altro. Nei giorni della sua morte, l’Occidental prese le distanze da lui (il sito web della compagnia non lo cita nella propria storia). Colori che portarono la sua bara furono il suo autista, il suo infermiere e altri impiegati personali.
Un uomo era famoso, corteggiato, ricco, pieno di conoscenze, potente, invidiato e temuto. L’altro uomo rovistava segretamente alla ricerca di cibo dietro un supermercato ed era amato. Chi dei due era ricco davanti a Dio?
Il teologo Miroslav Volf, laureato a Yale, afferma che nella vita ci sono due tipi di ricchezza: la “ricchezza dell’avere” e la “ricchezza dell’essere”. La ricchezza dell’avere è un fattore esterno. La ricchezza dell’essere è un’esperienza interiore. Solitamente ci concentriamo sulla ricchezza dell’avere. Pensiamo che lì ci sia la vera felicità. Il nostro linguaggio riflette questa attitudine quando gli “averi” continuano a saltare fuori nei nostri pensieri: “Se solo potessi avere la casa dei miei sogni… Se solo potessi avere uno stipendio più alto… Quando avrò una macchina migliore… Quando avrò abbastanza soldi per una vacanza esclusiva…”.
Noi ricerchiamo la ricchezza dell’avere, ma quello che vogliamo certamente è la ricchezza dell’essere. Vogliamo essere riconoscenti, gioiosi, appagati, liberi dall’ansia e generosi. Lottiamo per la ricchezza dell’avere perché pensiamo che produca ricchezza dell’essere, ma non è così.
Nel senso dell’avere, possiamo diventare ricchi attraverso delle lunghe ore, accorti investimenti e tanta fortuna. Ma è possibile avere un granaio pieno di soldi e una barca di talenti e la considerazione da stelle del cinema, eppure essere poveri. Il pozzo senza fondo dei nostri desideri non sarà mai soddisfatto. Non importa quanto possediamo, rimaniamo quelli che Volf chiama le “persone-non-abbastanza”. Per le “persone-non-abbastanza”, non esiste una soddisfazione duratura dell’anima. Ho visto una pubblicità questa settimana che includeva la battuta “Ieri non sapevo che esistesse; oggi non posso vivere senza”. Questa è la malattia delle persone-non-abbastanza.
D’altro canto, possiamo avere molto poco eppure essere ricchi. Un’anima ricca fa esperienza della vita in maniera differente. Sperimenta un senso di gratitudine per ciò che ha ricevuto, piuttosto che risentimento per ciò che non ha ottenuto. Affronta il futuro con speranza invece che con l’ansia.
L’apostolo Paolo lo scoprì quando visse come amico e compagno di Gesù, il quale “essendo ricco, si è fatto povero per noi”. Paolo stesso sperimentò la ricchezza dell’essere. Divenne una “persona-più-che-abbastanza”. Trovò che sia che vivesse negli agi sia che si trovasse in prigione, aveva più che abbastanza, perché era stato liberato dalla routine dell’avere.
La ricchezza dell’essere è sempre disponibile. Posso ricercarla in qualunque momento, con l’aiuto di Dio, per essere compassionevole, generoso, grato e gioioso. Le cose possono aiutarmi in questo. Ma di solito non si traduce nell’accumulare più cose. La ricchezza dell’avere solitamente è sinonimo di ottenere più cose; la ricchezza dell’essere è generalmente associata al dare più cose. L’obiettivo di Gesù di “ricchezza davanti a Dio” implica sempre la ricchezza dell’essere.
John Ortberg – tratto dal blog sul sito www.johnortberg.com
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