“Anche se a noi sembra che a volte sia in ritardo o addirittura fermo, l’orologio di Dio è sempre in tempo!”
Al tempo dei due personaggi descritti in Luca 1:5-25, non era facile vivere la propria fede. Gli Israeliti erano sotto la tirannia dell’Impero Romano che in Palestina aveva nominato il re Erode, famoso per le sue gesta sconsiderate come l’uccisione di alcuni membri della sua famiglia e il massacro dei bambini dopo la nascita di Gesù. Fu anche un eccezionale edificatore e sua fu la ricostruzione del tempio. Era molto vanitoso e amante della bella vita dimostrandosi così una guida del paese tutt’altro che spirituale o morale. Sebbene per Israele non fosse un periodo di zelo spirituale né di risveglio, in questo triste contesto politico, sociale e spirituale la Scrittura introduce una coppia straordinaria: Zaccaria ed Elisabetta.
Nel nostro brano troviamo un’ottima descrizione dei due: erano giusti davanti a Dio e osservavano in modo irreprensibile tutti i comandamenti del Signore (v.6).
Il nome Zaccaria significa “il Signore ricorda” e ciò mentre le persone avevano dimenticato le promesse di Dio. Anche se i suoi colleghi non facevano il loro dovere, Zaccaria continuava ad osservare diligentemente tutto ciò che la legge mosaica richiedeva.
Era sposato con Elisabetta, un’umile donna che credeva con tutto il suo cuore a Dio e il cui nome significa “Il mio Dio è un giuramento“. Era nata in una famiglia che portava avanti il ruolo importante del sacerdozio e fin da giovane fu preparata per questo matrimonio con un uomo di Dio. Sono sicuro che in tempi come quelli, quando ormai il popolo non praticava più ciò che diceva di sapere su Dio, Zaccaria ed Elisabetta si saranno incoraggiati l’uno con l’altra.
Ecco una coppia speciale: due persone di Dio che in tutta la vita lo avevano servito, anzi si erano distinte per il loro comportamento irreprensibile.
Tuttavia a loro era accaduta una delle cose più tristi e deludenti che potesse capitare a una famiglia giudaica e che doveva vivere con questo peso: non avere figli. Con poche, ma chiare parole, Elisabetta espresse il dolore che aveva dovuto sopportare per anni: “Ecco quanto ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui mi ha rivolto il suo sguardo per cancellare la mia vergogna in mezzo agli uomini” (v.25).
Chissà quante volte il suo stato le aveva causato dolore, aggravato dall’atteggiamento degli altri che probabilmente, come si pensava allora, ritenevano che la sua condizione fosse stata causata da un peccato personale. A quei tempi dal punto di vista culturale non poter avere figli era un segno negativo e un fardello pesante da portare. Senza dubbio Zaccaria ed Elisabetta avevano pregato per un figlio, ma poi con il passare degli anni e l’avanzarsi della vecchiaia, avevano abbandonato questa richiesta.
Nonostante questi grandi disagi interiori, le sofferenze e la vergogna imposta dalla società, Zaccaria ed Elisabetta avevano continuato a servire Dio in modo esemplare. Come spesso capita non avevano incolpato Dio, ma avevano accettato la condizione in cui li aveva messi testimoniando, osservando irreprensibilmente i comandamenti e dedicando il loro tempo completamente all’opera del Signore.
Zaccaria ed Elisabetta avevano aspettato per tanti anni, ma sorprendentemente la risposta di Dio arrivò quando pensavano che fosse oramai troppo tardi.
L’orologio di Dio non era in ritardo né fermo, ma in tempo. Mentre Zaccaria recitava le preghiere nel tempio, gli apparve l’angelo Gabriele. La sua reazione fu di spavento, tanto che l’angelo lo dovette rassicurare di non temere.
Quando l’angelo gli disse che la moglie avrebbe concepito un figlio, Zaccaria si rese conto che stava recitando delle parole profetiche: “Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli” (Ml 4:6). L’annuncio dell’angelo Gabriele unisce l’ultima promessa dell’Antico Testamento con il suo adempimento nel Nuovo, cancellando un silenzio che era durato circa 400 anni. Quindi quel giorno nel tempio, Gabriele comunicò a Zaccaria che sua moglie avrebbe portato in grembo colui che avrebbe annunciato il Messia. Dapprima Zaccaria vacillò nella sua fede, tanto da mettere in discussione l’annuncio dell’angelo date le sue condizioni e quelle della moglie ormai avanti negli anni.
A questo punto possiamo chiederci: con quale altra nascita doveva coincidere quella di Giovanni il Battista? Certamente con quella di Gesù! Ecco la risposta: Se Giovanni fosse nato quando i suoi genitori erano giovani e in forza con l’età, sarebbe stata una nascita prematura rispetto all’evento della nascita del Cristo che secondo Galati 4:4 doveva essere nella pienezza dei tempi!
Allora Dio non era in ritardo con Zaccaria ed Elisabetta, ma assolutamente in tempo! Anche se si tratta di episodi eccezionali e unici nella storia, l’applicazione per noi qui è chiara: come vogliamo vivere? Adeguandoci ai propositi di Dio o ai nostri che sono terreni ed egoistici?
Come viviamo, ci sentiamo e reagiamo quando serviamo Dio con tutto il nostro cuore, ma qualcosa che abbiamo chiesto a Dio anche da tempo non arriva? A noi sembra una richiesta giusta e ovvia, ma … Dio non risponde.
Certamente è frustrante aspettare e adeguarci, soprattutto quando le nostre richieste riguardano dei settori particolari della nostra vita, perché in queste circostanze potrebbe nascere in noi un senso di amarezza e di gelo. L’esempio di Zaccaria ed Elisabetta ci insegna a confidare in Colui che può darci le risposte giuste al momento giusto.
Viviamo in una società di progresso, d’informazione globale e veloce in cui concetti come “aspettare”, “adeguarsi ai tempi di Dio”, “perseverare” sono estranei ai nostri pensieri. Eppure è il modo in cui Dio opera. Ecco un esempio pratico che mi aiuta molto: i miei figli amano giocare con i puzzle, io non tanto. Per me è frustrante ricercare tutti i pezzi nella scatola e seguire l’immagine di come il puzzle alla fine deve apparire. Immagina poi quando non trovi o manca un pezzettino che guasta l’intero puzzle! Quando nella nostra vita mancano dei pezzettini e non capiamo il perché, Dio ha già tutto in mente e opera verso il completamento del “puzzle”. Egli ha già tutto davanti e sa quando aggiungere i pezzetti mancanti nel momento giusto. Aspettare significa fidarsi di Dio che sa cos’è il meglio per noi. La preghiera è un mistero e continua ad esserlo. Ci sono aspetti che non comprendiamo chiaramente perché sono relazionati con l’eternità, con la sovranità di un Dio che conosce l’intero “puzzle” non solo nostro, ma di tutta la nostra generazione e dell’intero genere umano.
In questo grande piano per la storia Egli comprende nel suo sguardo persone come noi e interagisce personalmente con ciascuno di noi, persone che devono imparare a vivere al passo con i suoi tempi e con i suoi propositi.
Impariamo così a non avere quelle risposte che devono necessariamente corrispondere ai nostri bisogni che spesso sono umani e finalizzati a questa vita, ma che invece devono adeguarsi al nostro Dio che desidera tutto il nostro bene, esamina la nostra richiesta e valuta se entra nella Sua volontà immediata o futura, oppure ci guida a capire che dobbiamo cambiare noi stessi, perché ciò che richiediamo non rientra nei piani della Sua santa volontà.
La tua richiesta è in conformità della volontà di Dio? Aspetti che Dio si adegui ai tuoi programmi o desideri adeguarti ai suoi? Rincuoriamoci: “L’orologio di Dio non è mai in ritardo o fermo, ma sempre in tempo!” Continua a sperare e ad appoggiarti su Colui che ti sorregge con le Sue “braccia eterne” (Dt 33:27).
Patrizio Zucchetto
Fonte: rivista “Traguardo”