Le autorità cinesi hanno serenamente condannato il cristiano Uyghur, Alimjan Yimit (Alimujiang Yimiti in cinese), a ben 15 anni di prigione con l’accusa di “aver rivelato segreti di stato ad organizzazioni straniere”. Apparentemente l’accusa al 36enne leader di comunità familiari, detenuto per ben 2 lunghissimi anni (in attesa di un processo di cui nessuno aveva notizie certe) nel Centro di Detenzione di Kashgar della problematica regione dello Xinjiang, è basata su interviste rilasciate dallo stesso a dei media non nazionali, secondo quanto riferisce il suo avvocato Li Dunyong. “La sentenza di 15 anni è incredibilmente severa”, ha dichiarato l’avvocato. “E’ la massima pena possibile per l’accusa di divulgazione di segreti di stato, il che significa che le azioni di Alimjan avrebbero causato danni irreparabili alla sicurezza nazionale!”
Il presidente dell’organizzazione China Aid Association, Bob Fu, ha dichiarato che questa condanna è in assoluto la più pesante che sia mai stata comminata a un leader di comunità familiari cristiane. “L’intero pianeta dovrebbe alzare la voce di fronte a questa ingiustizia contro un innocente, il pastore Alimjan. Noi chiamiamo in causa le Nazioni Unite e tutte le persone di coscienza in tutto il mondo, affinché protestino massicciamente contro il governo cinese per questo inaccettabile caso di persecuzione religiosa”, ha continuato il presidente della CAA, mettendo in chiaro lamatrice persecutoria della sentenza contro un uomo innocente, colpevole solo di essere un cristiano. A quanto pare Alimjan, se le autorità non lo ostacoleranno ancora come di fatto è avvenuto in questi due anni di detenzione praticamente illegale, ricorrerà in appello.
Il Dipartimento di Sicurezza Statale di Kashgar ha arrestato Alimjan con l’assurdo sospetto di “mettere in pericolo la sicurezza nazionale” l’11 gennaio del 2008. Dato che questo tipo di generica accusa di solito è mossa contro chi è considerato un nemico dello stato (retaggio della dittatura comunista, durante la quale questa accusa era usata per eliminare personaggi scomodi), la famiglia di Alimjan ha temuto fino ad oggi che potesse essere messo a morte. Fonti locali ci dicono che Alimjan, un ex musulmano convertito a Cristo che vive e porta avanti la sua opera di evangelizzazione in un’area afflitta da tensioni separatiste, ama e rispetta il suo paese e il governo cinese. “Esattamente come ogni leale cittadino e ogni onesto imprenditore, Alimjan ha sempre mantenuto elevati standard, pagando con puntualità le tasse e rifiutando la comune pratica imprenditoriale delle tangenti per ottenere favori dalle amministrazioni. Non solo, ma ha fatto di tutto per integrarsi nella cultura cinese, prendendo l’inusuale decisione di mandare i propri figli in una scuola cinese, in un’area dove la maggioranza è Uyghur”.
I suoi amici hanno più volte ribadito che lui ha semplicemente richiesto di poter esprimere la propria fede in libertà, cosa che la Costituzione cinese gli garantisce, ma che poi all’atto pratico in certe zone della Cina porta a queste gravi conseguenze. La cosa letteralmente incredibile è che non solo lui NON può possedere una Bibbia nella sua lingua (Uyghur), ma non può nemmeno assistere a un servizio nelle Tre Chiese Autonome (e quindi riconosciute dal governo) dell’area, semplicemente perché la Costituzione dello Xinjiang glielo vieta, in totale e aperta contrapposizione e violazione della stessa Costituzione cinese! Gli è anche proibito (a lui e a tutti i cristiani della zona) di pregare assieme a credenti di altri paesi.
Nei primi tentativi di processo contro di lui, la Corte è stata costretta nel 2008 a rinviare il caso per “assoluta ed evidente mancanza di prove”. L’avvocato di Alimjan gli ha fatto visita per la prima volta lo scorso marzo, per prendere accordi sul processo che avrebbe dovuto aver luogo in maggio, ma che è stato spostato a data da definire. In aprile Alimjan è stato trasferito all’ospedale di Kashgar, ammanettato e scortato dalla polizia. Sembra che sia stato duramente picchiato, ma non è chiaro da parte di chi e perché. Dopo una brevissima degenza Alimjan è stato ricondotto in prigione, ma di fronte alle domande del suo avvocato sulle sue condizioni fisiche, il giovane pastore ha risposto che “gli è stato proibito di parlare delle sue condizioni di salute”.
Il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria ha chiaramente affermato che la detenzione di Alimjan viola la legge internazionale. Secondo l’avvocato, l’intero caso riguarda la libertà religiosa e nasce dalla conversione di Alimjan dall’Islam al Cristianesimo, momento in cui la persecuzione è iniziata: il resto sono un cumulo di menzogne tra l’altro non supportate nemmeno da prove. A quanto pare le autorità locali di questa problematica regione Uyghur (sull’orlo di un crack costante) temono di non poter controllare il movimento cristiano in una zona a maggioranza musulmana; questa terra è particolarmente ricca di risorse e la disputa tra i nativi Uyghur e i cinesi di etnia Han continua in una folle corsa al potere, facendo vittime innocenti come il pastore Alimjan.
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